QUI POSTULAZIONE #69 - Morire perché cattolici e desiderosi della pace
Morire perché cattolici e desiderosi della pace
Settantacinque anni fa morivano a Shadaw – villaggio della allora Birmania, ora Myanmar– il catechista Isidoro Ngei Ko Lat e i sacerdoti del PIME Mario Vergara, responsabile della Missione, e Pietro Galastri, suo collaboratore.
A ucciderli, all’alba di quel 25 maggio 1950, furono gli uomini di uno dei gruppi armati contrari al governo formatosi all’indomani dell’indipendenza del Paese avvenuta due anni prima. Appartenenti all’etnia minoritaria cariana non coinvolta nell’amministrazione del Paese, per loro i missionari erano dei nemici perché sostenitori del dialogo con quella birmana della classe dirigente e sostenitori della pace tra le parti. Ma ancor di più erano loro avversi perché cattolici.
Tutti e tre vennero fucilati nel vicino bosco raggiunto dopo circa venti chilometri di marcia forzata e i loro corpi gettati nel fiume Salween, ognuno in un sacco fatto scomparire dalla corrente.
Padre Mario e Isidoro erano caduti nell’imboscata tesa loro quando avrebbero dovuto incontrare il rappresentante governativo locale, filoreazionario, per perorare la liberazione di un catechista catturato dai ribelli e destinato a morte certa. Padre Pietro, invece, era stato catturato mentre si trovava in preghiera nella chiesa del villaggio assieme a un gruppo di ragazzi.
La loro morte è stata veramente martiriale, anche se l’esser avvenuta in odium fidei è stato conclamato solo per Padre Mario e Isidoro riconosciuti Beati il 24 maggio 2014. Per Padre Pietro, infatti, non è stata finora avviata alcuna Causa di beatificazione e canonizzazione.
Morto a due anni dall’arrivo nella nativa Birmania di Isidoro, laddove il confratello Mario vi giunse nel 1934, così egli rese partecipi i suoi familiari della bellezza di essere missionario in quella parte del mondo: «La vita è difficile ma in nome di Dio si tira avanti! Come passo il tempo? Ecco: lavoro, delusioni, privazioni... Si lotta con le labbra fra i denti e lo sguardo in alto. Mi avete creduto morto e sepolto?! Invece sono ancora vivo, anzi sano, sanissimo, robusto e forte! Piuttosto P. Vergara soffre della sua malaria cronica. Che il Signore me lo conservi! Lavorare di giorno, vegliare di notte, non importa. Ma restare soli! Questo no, no! Anch'io ne ho passate delle belle, ma sempre bene, con fortezza e coraggio! Tutta grazia di Dio, ottenuta dalle vostre preghiere. E sono contento, anche quando il cuore sanguina! Non mi è mai venuta la tentazione di pentirmi di essere venuto qui! Oh, miei cari, in mezzo ai dolori, alle tribolazioni e privazioni di ogni genere, ci si sente sempre contenti, gioiosi. Se c'è un momento di oppressione, subito con uno sguardo in alto, ci sentiamo forti e decisi a tutto!».

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