QUI POSTULAZIONE #75 - Ricordando San Alberico Crescitelli
Alberico Crescitelli, presbitero dal 1887, è morto il 21 luglio di centoventicinque anni fa... reo di aver tutelato i diritti della comunità cattolica.
A togliergli la vita, in quel giorno del 1900 nel villaggio di Yentsepien, furono infatti gli uomini del locale rappresentate governativo che il sacerdote aveva denunciato alle autorità: in quanto cristiani li aveva privati dei sussidi alimentari durante la carestia.
Prima lo seviziarono, anche bruciandogli con le candele il corpo denudato; poi lo decapitarono e gli recisero gli arti servendosi di un coltellaccio usato per falciare il grano; infine ne gettarono le parti della salma nel fiume affinché la corrente facesse sparire le prove dell’assassinio. Aveva trentasette anni e da dodici era in Cina.
Vedendo in quella morte l’odium fidei dei carnefici, i suoi confratelli ne avviarono l’iter per la beatificazione dinanzi la Sacra Congregazione dei Riti che la riconobbe come martiriale il 5 marzo 1950.
Beatificato il 18 febbraio dell’anno seguente, è stato canonizzato il 1° ottobre 2000.
Nel 1914, quando già era in corso la Causa per il riconoscimento del martirio, suo fratello Luigi gli dedicò il libro intitolato “Vita del Servo di Dio Padre Alberico Crescitelli del Pontificio Seminario dei SS. AA. Pietro e Paolo di Roma. Missionario Apostolico nello Seen-si meridionale in CINA”.
Dato alle stampe ad Avellino – prossimo ad Altavilla Irpina, città natale di entrambi i Crescitelli – fu l’occasione, grazie a ricordi di famiglia e alla corrispondenza intercorsa, per far conoscere più da vicino il missionario. In modo particolare ai concittadini che ne ricordavano ancora l’aiuto prestato durante la peste prima che partisse per la Cina, e che a lui dedicarono una piazza dopo l’uccisione.
Tra i tanti documenti condivisi, la sua foto da seminarista del 1886 e quella scattata subito dopo la necessaria toilette al suo arrivo in missione due anni dopo, così commentò al fratello: «Non so che effetto vi farà il vedere la mia lunga coda a posticcio: quell’abito tutto largo e lungo di maniche di una foggia affatto nuova nelle nostre parti. Quel poveretto così imbacuccato, aggiustato in quel modo, era proprio il tuo fratello. La cosa era veramente ripugnante, sottomettere la propria testa ad un barbiere cinese, che poi la lascia mezza pelata, lasciarsi così trasformare…. ma omnibus omnia factus sum ut omnes Christus lucrifacerem (mi sono fatto tutto a tutti, per guadagnare tutti in Cristo)».


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