QUI POSTULAZIONE #93 - Nel pozzo della morte… la vita offerta per la Missione
Il pozzo è quello del villaggio cinese di Dingcun. La vita, invece, è quella di Antonio Barosi, Gerolamo Lazzaroni, Mario Zanardi e Bruno Zanella, tutti sacerdoti del PIME, che la persero in quel pozzo il 19 novembre 1941, quando la Cina già combatteva contro il Giappone.
Morirono non solo perché preti, per di più stranieri che vivevano nel teatro di guerra, ma anche per essere cittadini di quell’Italia che da quasi un anno era in guerra con la Cina. Il 27 settembre 1940 era infatti divenuta alleata non solo dei tedeschi ma anche dei giapponesi.
Ad ucciderli, infatti, furono i militari cinesi che in quella domenica di novembre giunsero al villaggio per incontrare i missionari che vi abitavano e vi trovarono anche Mons. Barosi. Da poco nominato Amministratore apostolico della Diocesi di Kaifeng ne stava visitando i villaggi, poi si sarebbe recato a Pechino per essere consacrato vescovo. Per questo motivo era in possesso di un salvacondotto rilasciatogli dai giapponesi e ciò aumentò l’odio nei confronti non solo suoi ma anche degli altri sacerdoti. Al villaggio era giunto il giorno precedente, da qualche ora aveva terminato di amministrare le cresime e al momento aveva appena terminato di pranzare coi confratelli.
Interrogati separatamente, furono poi torturati in diverse parti della residenza ed infine gettati nel pozzo.
Primo fu Padre Gerolamo quand’era ancora in vita, poi Mons. Barosi e Padre Zanardi, con orecchie e bocca riempite di carta, già feriti in chiesa dove furono rinvenute macchie di sangue. Da quanto successivamente appreso, essi erano stati strangolati colle mani. Ultimo fu Padre Zanella torturato versandogli in gola acqua bollente e petrolio. Quanti dall’esterno della residenza poterono seguire di nascosto al triste evento dissero di aver sentito Padre Zanella chiamare “zhujia” (vescovo) e anche “niang! niang!” (madre!). Aggiunsero inoltre che, quando i soldati spinsero padre Lazzaroni fuori della sacrestia, egli tentò di abbracciarsi all’albero che era vicino al pozzo della residenza, ma fu percosso brutalmente.
Il domestico di Mons. Barosi, che era rimasto con lui nell’abitazione, fu solo incappucciato, mentre il cuoco della missione, dalla cucina dove si era nascosto, assistette alle torture. Entrambi erano cinesi scampati alle violenze dei militari a riprova che l’odio di quest’ultimi era solo nei confronti degli italiani.
Sentimento, quello di chi li uccise, che fece scrivere al Superiore Generale del PIME appena giuntagli la notizia della morte dei sacerdoti: «L’essere stroncati barbaramente come nemici, sapere fraintesa l’opera nostra, finire questi pochi giorni con l’insulto e lo strazio di chi gode di veder soffrire la vittima, non può che addolorare profondamente me e tutti i confratelli vicini e lontani».
Mons. Barosi aveva quarant'anni ed era in Cina da sedici; Padre Zanardi, trentasettenne da pochi mesi, vi risiedeva invece da quattordici anni; Padre Zanella, trentaduenne, aveva cinque anni di Missione cinese alle spalle; Padre Lazzaroni, ventisettenne, in Cina aveva trascorso solo due anni.

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